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CENNI STORICI

Fin dai tempi più antichi l’uomo ha mangiato i grani di vari tipi di cereali e ha cercato di romperli in qualche modo: dapprima avrà probabilmente usato delle pietre e poi, con più efficacia, degli utensili come il mortaio ed il pestello od il rullo di pietra. Gli egiziani trituravano i grani spingendo un rullo su una pietra leggermente scavata così come mostrano delle statuette in terracotta di un mugnaio e un panettiere conservati al museo del Louvre a Parigi; e ancora in tempi recenti, in Africa, le donne usano un lungo mortaio in legno per preparare la farina di miglio. L'antenato più prossimo del mulino si ha con l'invenzione della macina di pietra girevole, dapprima spinta a mano, poi trascinata dagli animali e, infine, mossa dalla forza dell'acqua.

Diverse fonti scritte di epoca romana(1) fanno risalire la nascita del mulino ad acqua all'ultimo secolo prima dell'era cristiana. Alcune testimonianze archeologiche confermano la datazione: nel 18 a.C., infatti, un mulino ad acqua figurava tra le dipendenze del palazzo che Mitridate aveva fatto costruire a Cabira nel Ponto. Gli edifici erano stati eretti tra il 120 e il 68 a.C. ed è ragionevole pensare che la sua costruzione fosse ad essi contemporanea.

Nello stesso scorcio di tempo, intorno al 30 a.C., il meccanismo che muove il mulino ad acqua fa la sua comparsa in Cina dove, però, viene usato per l’industria metallurgica. 

Questi dati hanno suggerito l’ipotesi, allo stato attuale delle conoscenze estremamente plausibile, di un’origine orientale del mulino idraulico e di una sua successiva diffusione lungo la direttrice Est-Ovest. Seguendo il famoso studio di Marc Bloch sull'avvento e la diffusione del mulino ad acqua se ne possono fornire alcune spiegazioni: innanzitutto è accertato che la macina girevole, senza la cui idea non si può pensare il mulino ad acqua, nacque nell'area del bacino mediterraneo. Ed è possibile anche un'altra spiegazione, forse un po' congetturale : una ruota mossa dall'acqua può essere facilmente sfruttata per altri usi, come quello dell'irrigazione una volta che sul suo cerchione esterno siano stati applicati dei recipienti.

E’ lo storico latino Vitruvio a parlare di un rapporto di filiazione tra la ruota con bacinelle usata per irrigare, prima azionata semplicemente dall'uomo e poi fornita di pale in modo da sfruttare la forza dell'acqua stessa, e il mulino idraulico.  E’ certo comunque che fu in Europa che la ruota idraulica si diffuse maggiormente e assunse un ruolo rilevante nell’evoluzione economica.

Plinio parla di numerosi mulini idraulici in Italia nel I sec. d.C., e abbiamo notizie certe di una prima diffusione nell'arco alpino, e più precisamente in Val Camonica, intorno al II sec. d.C. nel periodo in cui i romani conquistavano quelle valli ; fra il II e il IV sec. questa tecnologia si diffonde in Britannia, Irlanda e Gallia e, infine, secondo quanto racconta Procopio, nel VI sec. a Roma i mulini dovevano essere così numerosi da aver sostituito del tutto i metodi tradizionali di molitura perché, quando i Goti che la cingevano d’assedio, interruppero tutti i corsi d’acqua, la farina venne a mancare in tutta la città. In Abruzzo uno dei primi documenti relativi a macchine idrauliche in possesso di monasteri risale al 962; si riferisce al Monastero di San Bartolomeo di Carpineto costruito nel contado della città di Penne, che era compresa nel ducato di Spoleto(2), in una lingua di terra fra i fiumi Nora e Vito. Il monastero riceve all’atto della sua fondazione una donazione da tale Berardo, conte del comitato di Penne di origine longobarda, e fra i beni ceduti, oltre a terre e castelli, c’è la concessione del permesso di costruire mulini e gualchiere.

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Un’altra testimonianza è contenuta nel Chronicon Casauriense, cioè il testo che narra la storia del Monastero di S. Clemente di Casauria, ed è datata 874. Non ci sono dubbi però che questo documento sia un falso(3) e che sia stato invece scritto nel XII sec. per confermare l’estensione dei possedimenti del monastero posto su un’isola del fiume Pescara e fondato dall’imperatore Ludovico II proprio nell’874. Si tratta in particolare di un diploma con cui l’imperatore conferma i possedimenti del monastero e fra questo, oltre a corti, castelli e servi, anche “molendinis, aquarum decursibus” e “valcatorus”, cioè mulini, corsi d’acqua e gualchiere. Nonostante la falsa data, il documento testimonia comunque la presenza di molti mulini proprietà di monasteri fra il IX e il XII sec. in Abruzzo. E numerosi mulini, infine, sono citati nel Cartulario della Chiesa teramana del X sec.(4)

Accanto alla modificazione del mondo rurale nel X secolo c’è anche una profonda trasformazione della situazione sociopolitica: si disgrega l'ordinamento pubblico e si assiste ad un rafforzamento dei centri di potere locali. Nei signori e nei grandi proprietari fondiari, anche ecclesiastici, c’era già la tendenza ad esercitare alcune prerogative dell'autorità sovrana: amministrare la giustizia, organizzare la difesa militare, percepire le imposte ed esigere prestazioni di carattere economico e militare. Questo potere è chiamato banno, ed il suo elemento più pregnante è la capacità di costringere con la forza i sudditi inadempienti ad eseguire le prestazioni ordinate. Il banno è esercitato su tutti gli uomini che risiedono nel territorio che ricade sotto la giurisdizione del signore: egli interviene nel matrimonio e nella successione ereditaria, esige imposte sull'alienazione dei possessi, vanta diritti sui pascoli prima destinati allo sfruttamento comune, e su quei beni che prima erano prerogative regia, boschi strade pubbliche e corsi d'acqua, di cui impone un limite di sfruttamento e che concede dietro pagamento di un canone. Forti di questo potere i signori istituiscono a loro vantaggio dei monopoli: del forno, del frantoio, del porco e del toro, della vendita di vino e birra durante determinati mesi. Ma il più diffuso è quello del mulino : il signore, cioè, obbliga gli uomini soggetti alla sua giurisdizione a macinare presso i propri impianti e a pagare l'uso del mulino con una quota di macinato, vietando naturalmente la costruzione di altri mulini senza il suo permesso. E' comunque indubbio che se il controllo dei mulini era diritto signorile, questa bannalità era spesso disattesa od evitata: lo testimonia la grande diffusione delle macine a secco, di piccole dimensioni ed uso domestico che, spinte a forza di braccia o trascinate dagli animali, erano in grado di soddisfare i bisogni dell'economia familiare. Il loro uso doveva essere grande soprattutto nelle zone impervie, ad esempio nelle comunità di montagna, dove la produzione di grani era limitata alla sussistenza.

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