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I MUGNAI

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Il mulino non è solo un luogo di produzione ma anche di incontro e di scambio, una sorta di “centro culturale” in cui si trasforma la cultura così come gli elementi della natura. E’ il mugnaio colui che attua la trasformazione: tramite la macchina è l’intermediario tra le forze della natura e le necessità degli uomini, fra i produttori e i consumatori. La nascita della figura sociale di questo artigiano specializzato che svolge un ruolo insostituibile è una delle prime e più vistose conseguenze dell’introduzione del mulino idraulico: la prima apparizione documentata di una corporazione dei mugnai si ha a Roma, testimoniata da un’iscrizione, nel 448. Dotato di una forte coscienza corporative (dire di classe sarebbe impreciso e senz’altro esagerato), il mugnaio è spesso guardato con sospetto dal popolo ; numerosi sono i proverbi e la letteratura che ce lo dipingono come un uomo intelligente, dotato di senso pratico, furbo, spesso intento ad applicare queste doti a delle truffe che lo rendano più ricco.

Un proverbio tedesco dice : “perché le cicogne non fanno mai il nido sui mulini? Hanno paura che il mugnaio gli rubi le uova”.

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Nel medioevo il mugnaio, pur essendo un lavoratore nato dal popolo, è visto come un “uomo del signore” e, come tale, è anche talora legato ai compiti propri del signore come, ad esempio, l’amministrazione delle giustizia (non sono rari i casi in cui il mugnaio è anche il boia o l’aiutante del boia). La sua figura si pone a metà fra le classi : vive come uno del popolo, ma ha modo di realizzare una certa ricchezza, talvolta anche culturale. Ne è un ottimo, anche se raro, esempio il mugnaio protagonista della lunga lotta contro l’inquisizione narrata da Carlo Ginzburg ne Il formaggio e i vermi (1), Anche di fronte alla morte il comportamento dei mugnai si differenzia notevolmente da quello delle classi popolari, cui pure appartiene : lascia infatti spesso un testamento o un’eredità, generalmente sostanziosa.

L’importanza dell’attività dei mugnai, e contemporaneamente la diffidenza nei loro confronti, sono testimoniate in epoca medievale e rinascimentale dalla necessità che i comuni sentono di regolarla, spesso fin nei minimi dettagli. Così in numerosi statuti di comuni italiani si trovano le norme che definiscono i requisiti necessari per svolgere l’attività molitoria, i doveri del mugnaio, i suoi privilegi, la sua retribuzione e tutto un insieme di accorgimenti per evitare le frodi : un esempio, interessante per il dettaglio a cui arrivano le prescrizioni, è quello degli statuta molinariorum di Milano che risalgono al 1396. Nella città lombarda il mugnaio per poter esercitare il suo mestiere doveva versare una consistente cauzione e iscrivere il proprio nome in un apposito registro tenuto dal giudice delle vettovaglie, il funzionario che presiedeva al rifornimento annonario. In altre zone d’Italia invece, egli giurava davanti agli ufficiali comunali o agli anziani del paratico, l’arte dei mercanti o degli artigiani che veniva chiamata così dall’uso dei suoi membri di mostrarsi in parata, col proprio vessillo, durante le cerimonie pubbliche. In ogni caso, dunque, si doveva impegnare pubblicamente a mantenere un comportamento equo e a garantire un servizio efficiente e ineccepibile : deve macinare per chiunque si presenti al suo mulino seguendo l’ordine di precedenza e riconsegnare la merce in un tempo prefissato, in genere tre giorni. Per il resto, per evitare quelle frodi e furberie in cui i molinari secondo la credenza popolare sono maestri, la quantità di farina ricavata da un determinato quantitativo di granaglie e la retribuzione del mugnaio sono stabilite per legge, così come vengono periodicamente controllate le misure e le bilance - marchiate dalle autorità cittadine - e si sorveglia affinché non mischi il grano o gli altri cereali commestibili con quelli non commestibili o di minor valore, né aumenti il peso dei sacchi mescolando alla farina cenere, gesso, calce o bagnandola.

Una delle cose che si temeva era che i mugnai facessero commercio di grani o addirittura, incetta : per questo in alcuni posti gli si impediva perfino di attraversare la piazza cittadina quando c’era mercato.

Anche in provincia di Teramo abbiamo degli esempi, pur se più limitati, della regolamentazione cui erano sottoposti i mugnai in alcuni capitoli degli statuti di Isola del Gran Sasso del 1419 , Teramo del 1440 e Campli del 1575.  Il 72° capitolo degli statuti di Isola regola l’avvicendamento dei clienti del mulino per cui il mugnaio è tenuto a rispettare l’ordine di precedenza. E se egli “tollesse la vice dello molino ad uno et dessela ad uno altro, accusato paghe grana dece, et allo dampnificato grana cinque. Et sia creduto allo iuramento dello accusatore” (2). Anche nello statuto di Campli è regolato il comportamento dei mugnai : “li molinari debbiano pesare il grano che pigliano a macinare et al medesimo peso restituiscano al padrone la farina del medesmo grano deduttone per la molitura libre tre per tumulo e per sfreddo libbre due. Ma essi se debbiano portare la statiera con che possano pesare il grano e la farina e portino il grano a macinare con le loro bestie e poi reportino la farina” (3). A Teramo l’attività dei mugnai era sorvegliata dal Notaio de’ Capitoli che presiedeva alla riscossione del loro pagamento. Gli statuti in questo caso sono più dettagliati arrivando a regolare anche lo spessore della cassa della macina. Come spesso accade impongono tutti i doveri relativi al mantenimento dei canali di afflusso e deflusso delle acque. Fra gli obblighi dei mugnai è curioso notare che a Teramo essi dovevano possedere un asino con cui prelevare il grano da macinare e poi riportarlo alla casa del proprietario e che, probabilmente per ragioni igieniche, era loro vietato allevare oche o maiali.

Un capitolo, infine, è dedicato ai consorzi di mulini e questo fa supporre l’esistenza di una consorteria di arti : “a questa presiedeva un soprastante (...), il quale aveva il diritto di comandare ai mugnai sottoposti i servigi utili ai mulini e specialmente di imporre loro la cura di non lasciare uscire l’acqua dalle gore4. Altrimenti in caso di danni, toccava al soprastante il rifarli” (5).

Il lavoro del mugnaio non è dunque certamente facile : guardato con sospetto dal popolo, controllato attentamente dalle autorità, lavora quattordici, quindici ore al giorno e spesso anche di notte, soprattutto nel periodo imediatamente successivo al raccolto. Inoltre è continuamente esposto all’umidità, lavora in un ambiente carico di polveri ed è facilmente soggetto ad incidenti : in tarda età può soffrire di artrosi a causa degli sforzi incessanti per sollevare e trasportare sacchi e attrezzature, di reumatismi dovuti all’umidità e soprattutto d’asma a causa dell’impalpabile polvere di farina che ristagna in permanenza nel mulino ; infine, il lavoro di battitura e affilatura della macina gli provoca una vera e propria deformazione professionale alle mani a causa delle minuscole schegge di metallo che penetrano sottopelle.

I timori ed i sospetti del popolo sono comunque fondati : i mugnai, si potrebbe dire con un facile gioco di parole, cercano sempre di tirare l’acqua al proprio mulino e di guadagnare il più possibile. Così, l’abbiamo visto prima, nei primi decenni del XIX sec. dei rappresentanti statali si augurano una maggiore iniziativa privata nel settore molitorio anche per far cessare “le ruberie de’ molinari” e nel 1904 una petizione popolare costringe il consiglio comunale di Pietracamela a rifiutare una vantaggiosa offerta di affitto del mulino pubblico perché chi l’aveva fatta era ancora ricordato dal popolo come un mugnaio pessimo e disonesto.

Ma il mugnaio è anche un artigiano prezioso e insostituibile : “l’attività del mulino (...) era indispensabile per far vivere la famiglia contadina. Portavano a macinare il grano tutti i contadini della zona e la famiglia proprietaria” (6). E’ uno che il mestiere ce lo deve “avere nel sangue”, e, infatti, è radicata la credenza che non si è “veri mugnai” che di padre in figlio, che per poter fare bene il mestiere sin da piccoli bisogna respirare quell’aria carica di impalpabili pulviscoli, sentire quei rumori, quel battere, quello sfregare che riempiono la piccola costruzione. Questo spiega fra l’altro la forte propensione che è stata rilevata dagli studiosi specializzati a maritarsi all’interno del proprio ambiente, anche se non è difficile che si sviluppino delle strategie che portino al matrimonio con il contadino molto ricco o il notabile.

Il mugnaio insomma è sempre stata una figura sociale particolare, a metà strada fra popolo e padroni, fra due mentalità, due morali, due economie: popolano, è però un “borghese” per il popolo; benestante, è però un “contadino sconveniente” per le classi più agiate. Egli porta avanti strategie economiche che cercano il compromesso fra l’economia attenta e un po’ rassegnata del contadino e quella del moderato arricchimento, del progressivo accumulo del capitale di tipo borghese.

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Statemi dunque a sentire... Il contadino ha il grano, ma lui ha le macine : finché dura bisogno di pane, c’è bisogno del mugnaio. Il bottegaio rincara la roba, e il mugnaio aumenta la molenda. E le pale gliele muove gratis il fiume ! E vi voglio anche dire un segreto : in più della molenda che si contratta, ogni mugnaio che si rispetta leva un tanto per conto proprio, da padrone e signore. Il cliente lo sa, ma fa finta di niente, se il mugnaio ha maniera e discrezione, ben inteso, perché il contadino non sa né leggere né scrivere, ma non c’è dottore che lo valga per dire quanti palmi di farina han da sortire da tanti palmi di frumento o frumentone. S’intenda dunque pioggia, ma non tempesta ; e anche al mugnaio ingordo si secca il gozzo” (7).

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NOTE

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1 Carlo Ginzburg, Il formaggio e i vermi, Einaudi, Torino, 1976

2 Pietro Verrua, Statuti di Isola..., cit. “La vice” è la precedenza, il posto nell’avvicendamento.

3 Lina Malasecchi (a cura di), Statuto municipale..., cit.

4 La gora è il canale artificiale che porta l’acqua dal fiume al mulino ; è detto con un termine meno desueto formale

5 F. Savini, Statuti teramani..., cit.

6 Testimonianza orale in Vincenzo Battista, La via del grano..., cit.

7 Riccardo Bacchelli, Il mulino del Po, Mondadori, Milano 1957

Foto di scena dal film Menocchio di Alberto Fasulo, 2018

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